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La Mezzanotte del giorno più lungo della mia carriera è suonata.
Prima di perdere la scarpetta sulla scalinata di Villa Bucciano, che non ha nulla da invidiare al castello del principe azzurro, salgo in carrozza e riparto verso casa.

Il servizio fotografico per il matrimonio a San Miniato realizzato  per Pietro e Julia è quello che si dice un’esperienza intensa, oltre che la più internazionale cui abbia mai preso parte.
Le 16 ore di lavoro continuato – in italiano ed inglese – mi hanno lasciato senza forze per una settimana.
E fortuna che con me c’era una squadra di assistenti incredibile, altrimenti non ne sarei uscito vivo.

Erano con me Loredana, Carlo e soprattutto Cynthia Ahr, fotografa americana venuta a conoscere il mio lavoro e a scoprire il fascino dei matrimoni all’italiana da dietro il suo obiettivo.

Sveglio al canto del gallo, sabato 23 maggio esco vestito di tutto punto e munito della mia attrezzatura per raccogliere i miei collaboratori e raggiungere insieme gli sposi.
Il paesaggio che scorre dai finestrini è verde, vivace, rigoglioso come sa essere l’entroterra pisano in primavera inoltrata, ma purtroppo sopra di noi incombe un cielo grigio che toglie un po’ di poesia.

Alle 8:30 siamo a San Miniato, dove ci attendono gli sposi.

La maggior parte degli invitati sono ospitati per il matrimonio in villa (borgo, in verità) a Bucciano, 2 chilometri scarsi da San Miniato.

Pietro è con la mamma, che nasconde bene l’emozione dedicandosi agli ultimi dettagli.
E che dettagli! Fermacravatta, gemelli e il vistoso anello con la Corona Comitale nella mano destra di Pietro raccontano l’importanza della storia della famiglia.
Poche porte più avanti, nella Villa che poi ospiterà il ricevimento, c’è Julia.
La futura sposa tedesca è (abbastanza) calma e sorridente, esile e altissima. Radiosa. Appena appena tesa.
Le fotografie ne colgono alla perfezione l’estrema raffinatezza, posata e semplice.

Si parte per la chiesa, la cerimonia religiosa si svolge nella imponente Cattedrale di San Miniato.
Fiori e ornamenti gialli pennellano allegramente l’ambiente sfarzoso e barocco della Chiesa, oltre che il bouquet della sposa, i cappellini e gli abiti degli invitati. L’effetto è grandioso.

Finita la cerimonia, il programma si fa originale.
Non ci attende un pranzo di matrimonio, ma una cena, quindi dopo uno spuntino abbiamo l’intero pomeriggio per immortalare gli sposi.
La campagna che circonda San Miniato è uno spettacolo, il cielo si è aperto e vale la pena esplorare.
Una pioppeta ricoperta di papaveri in fiore è quello che ci vuole.
L’alta vegetazione nasconde il fango che i giorni di pioggia appena conclusi hanno lasciato, ma la sposa non rischia, io faccio il cavaliere e la porto in braccio con conseguenze nefaste per la mia schiena e i miei pantaloni da damerino, per fortuna gli scatti vengono perfetti.

[OMISSIS]

Raggiungiamo nel tardo pomeriggio gli invitati che ci attendono a Bucciano, circondato da boschi e situato sulla sommità di una collina.
Qui sorgono la corte e la Villa Casa Vacanze Bucciano in cui trascorriamo la serata. Inutile dire quanto godeva il mio orgoglio toscano mentre gli occhi degli invitati tedeschi brillavano di stupore e meraviglia, un intero borgo medioevale a nostra disposizione ha lasciato senza parole anche Cynthia, che ha dato un contributo sostanziale ad una giornata lunghissima.

Aperitivo e foto di gruppo, una deliziosa cena seduti all’aperto, taglio della torta e lancio di lanterne hanno riempito quanto restava di questa lunga e vissuta giornata di lavoro e di festa.
Per finire un toccante momento di dediche. Quelle in tedesco io non le ho capite, ma sfido loro ad aver colto il senso di quelle in pisano.
L’importante è stato l’effetto, gli sposi erano commossi e l’emozione palpabile. In questa magica atmosfera non è mancata la goliardia e nonostante le ginocchia non mi reggessero più non ho potuto andarmene senza ascoltare l’interpretazione nostrana dell’aria “Non più andrai” tratto dalle Nozze di Figaro con cui i buontemponi toscani hanno voluto rispondere ad una virtuosa damigella che aveva appena intonato l’ “Allelujah” di Bernhard Cohen.

Sulla strada di casa mi fermo a prendere un caffè e prometto di ricominciare a correre, perché per fare questo lavoro ci vuole proprio un fisico bestiale (e una fisioterapista dalle mani magiche).

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